AFFERMARE ME STESSA
Se faccio rivolgo il mio sguardo verso il passato – cosa necessaria quando vuoi verificare se stai andando nella direzione che hai scelto – scopro che il tempo che ho trascorso per affermare me stessa come persona indipendente e con una propria personalità è immenso.
Una delle persone con le quali tutto questo si è manifestato con maggior forza è mia madre: da adolescente ho cercato di affrancarmi da lei anche con modalità drammatiche, ribellandomi a quello che era un rapporto per molti versi a ruoli invertiti, mettendo centinaia di chilometri tra noi senza consapevolezza. Oggi quel rapporto si è trasformato grazie soprattutto ad un lavoro profondo che ho fatto sui miei sensi di colpa.
Ecco, le ho dette, le parole che sono riuscite a condizionare la mia vita così a lungo, creando continue difficoltà nella mia realizzazione: sensi di colpa.
Mi sono sentita lungamente divisa tra la mia necessità di affermare me stessa, le mie idee, il mio sentire sottilee fare ciò che gli altri si aspettavano da me: essere studiosa, coscienziosa, solerte, sempre presente per gli altri.
Sono stata così brava nel dimenticarmi di essere felice per me , l’ho fatto così bene che c’è stato un momento circa 15 anni fa in cui un giorno mi sono guardata allo specchio e non mi sono riconosciuta: non ero io quella persona spenta e viva solo perché il respiro ancora non l’aveva abbandonata ma che era diventata come un’ombra.
Fu difficile e doloroso comprendere che il mio rendermi invisibile per la maggior parte del tempo con tutti e in tutto, la sofferenza che ne derivava, la rabbia che mi portava a scalciare forte nei momenti in cui sentivo piena la misura erano da addebitarsi ad un’unica fonte: il sentirmi in colpa.
Provavo questo stato d’animo nei confronti della maggior parte delle persone che erano coinvolte nelle relazioni che vivevo, sia che fossero sentimentali, amicali, professionali, con i figli, era una situazione presente sempre: era come non essere mai “abbastanza”.
La conseguenza di tutto questo mio castigarmi era una sensazione di carenza e un senso di colpa crescente anche nei confronti di me stessa: non ero in grado di affermare le mie idee, di riuscire ad esprimermi come professionista, come madre, come persona nelle modalità che desideravo.
Era come continuare a sbattere di qua e di là; come una mosca in un barattolo.
Il lavoro che ho fatto su di me è stato come il togliere veli successivi e andare sempre più in profondità.
Non è stato facile, alle volte ha avuto delle accelerazioni, altre dei rallentamenti o addirittura dei passi indietro (almeno così li avevo letti a suo tempo), ma dentro di me sentivo di non poter lasciare intentata alcuna strada e ho avvertito come vera una frase su tutte: “solo se sono felice le persone accanto a me potranno esserlo a loro volta”.
E’ una frase che tutt’ora mi aiuta nei momenti di difficoltà – anche i coach li hanno se vogliono continuare a crescere – sono consapevole che solamente se io riesco ad essere soddisfatta di me trasmetto all’esterno questo mio sentire, riesco a lasciare che gli altri possano afferma si a loro volta, riesco ad essere di esempio per chi entra in contatto con me ed divenire così un mezzo per essere veramente di aiuto.
Credo proprio siano queste ultime convinzioni alla base del mio riuscire a scardinare i miei sensi di colpa: non c’è riuscita la ribellione o la manipolazione tipiche del mondo femminile nel mondo patriarcale in cui viviamo, ma l’accettazione di me stessa e del diritto che mi sono concessa di essere felice.
Motto del giorno: Mi riconosco come donna libera.
www.antonellacasazza.com