PRENDERSI CURA È UN’ARTE FEMMINILE
Sei una persona che si prende cura di sé e degli altri?
Quanto credi sia insito nell’indole femminile questo aspetto della vita?
O pensi sia solo uno stereotipo della cultura patriarcale e maschilista della società in cui viviamo?
Ho iniziato questo post con delle domande per poter poi riflettere insieme sul alcuni passaggi che credo siano fondamentali per conoscere meglio il mondo femminile e perché alla conclusione di queste righe ciascuno possa guardare dentro di sé con maggior consapevolezza.
C’è una predisposizione speciale in alcune persone nel “prendersi cura” di ciò che gli è caro, di ciò che ha valore per loro. Studi storici e archeologici hanno dato a questa inclinazione una connotazione femminile che risale alla notte dei tempi (ancor prima dell’Età del Bronzo).
Da sempre, quindi, la sfera della cura sia che si trattasse delle persone che degli animali o dell’abitazione era di competenza delle donne. In qualità di depositarie del sapere attinente ai meccanismi della vita e della morte esercitavano le loro conoscenze sul funzionamento della natura.
Mentre la donna si concentrava sul mondo interno alla famiglia, alla tribù, l’uomo era proiettato verso l’esterno con la caccia e la difesa. Questo equilibrio è stato mantenuto per millenni fino all’arrivo della cosiddetta civiltà della spada che ha portato alle culture classiche e alla società come la conosciamo oggi. Furono proprio le culture classiche che misero le basi per le differenze di genere così come le conosciamo oggi.
È con la cultura classica che il mondo cominciò ad essere guidato dalla mente, dalla ragione, arrivando al tentavo di eliminare alla radice tutto ciò che aveva a che vedere con dimensioni più mistiche, spirituali, sottili.
Anche la trasmissione del sapere cambiò: le conoscenze non erano più trasferite oralmente o attraverso esperienze quotidiane ma venivano diffuse tramite la scrittura e chi sapeva scrivere aveva il potere.
Fu così che la sapienza della medicina e delle erbe cominciò ad entrare nell’educazione maschile, mentre alcune forme di conoscenza, le più antiche, si mantennero vive continuando ad essere praticate nelle famiglie o in modo nascosto. Queste modalità di approccio alla cura portò infine alla caccia alle streghe del tempo dell’Inquisizione e al tentativo di ridimensionare l’immagine di donna affascinante, potente e misteriosa perché dominatrice delle leggi della natura che da tempo si voleva eliminare.
Venendo ai nostri giorni, la società continua a chiedere alle donne di “prendersi cura” del mondo che le circonda come atto dovuto, senza riconoscerle come depositarie del legame profondo con questa capacità. Da parte loro, le donne spesso si comportano in modo “bipolare”, se non confuso: in alcuni casi accettano questo ruolo come aggiuntivo agli altri (lavoratrice, membro della società, amica, figlia…), in altri casi lo rifiutano come una costrizione imposta da un modo patriarcale al quale si oppongono, in altri casi ancora passano la vita tra accettazione e rifiuto di questo compito.
Io penso che, conoscendo in modo più profondo il mondo femminile e le sue radici, potremmo riappropriarci delle nostre eccellenze, del nostro sapere e cominciare a scegliere con attenzione e consapevolezza i luoghi, le situazioni e le persone in cui praticarlo, magari in forme nuove e diverse, nella nostra quotidianità senza rimpianti o rimorsi di un tempo passato ma come donne attente a recuperare quel che può essere utile oggi a noi e agli altri con la certezza che il “prendersi cura” fa parte di noi molto più di altre cose e lo sappiamo fare con tutta la creatività che ci distingue per definizione.
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